S’è rotto ed immoto è quel fuso
che avanti filava la luce.
S’è spento lontano il tumulto,
un pianto n’è sorto.
La vivida fiamma che squassa si tace.
Tra sterpi di spighe falciate
un pugno di giorni fissava
bruciare il barbaglio piovente,
i cirri di fronte,
quel battito nostro che ancora fiatava.
Un Icaro torto ronzava
stridendo sul fieno a fastella,
sugli ossi, frammenti più verdi
guantati di nervi,
sui baci. E dicevi: la stella! la stella!
Moriva una qualche animella
tra i tonfi di vita sognata
moriva, moriva il romanzo
vergato di stento,
la nostra rovina che adesso è cresciuta.
E come cometa animata
la pioggia oggi scuote la fronda.
Di sotto alle notti irrorate,
a cose perdute,
un nido di rondini dentro la gronda.
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