• Michele Masotti
  • Civitas
  • Poesie
  • Racconti
 
Minimali Arrosti

Minimali Arrosti

Scritture semiserie di Michele Masotti
  • Michele Masotti
  • Civitas
  • Poesie
  • Racconti
  • Impressioni

Minimali Arrosti

  • Michele Masotti
  • Civitas
  • Poesie
  • Racconti
  • Impressioni

In Racconti

Fiamma

28 Dicembre 2017

 

Venticinque anni, Fiamma Bini. In un giorno splendido ma ancora freddo di marzo aveva preso lo scooter per correre via, fino a un poggio verde appena fuori Siena, da dove la città appare minuscola e raggrumata e i drammi delle persone che all’interno vi formicolano, proprio per quella lontananza, sembra perdano d’importanza.

Stava seduta in mezzo uno spiazzo bordato di castagni, da ragazzina ci veniva sempre con un suo insegnante d’inglese il cui nome non osava nemmeno ricordare. Si fermavano con l’auto dell’uomo nascosta dentro una fila d’alberi, prima che iniziasse un vigneto sbilenco. Quelle volte si sentiva scossa dal terrore che quell’amore proibito finisse da un momento all’altro. Era come se frammisto all’odore dell’uomo ne percepisse un altro tutt’intorno, come un indizio di rovina incipiente. Non voleva essere triste allora, ma lo era. Voleva essere forte, anche. Adesso aveva un ricordo di quei giorni completamente sfasato, addirittura felice, poiché del passato si tende a conservare i momenti puri togliendo quelli velenosi.

Giunse camminando a un piccolo borro e fermatasi rasente un leccio per accarezzarne il muschio affiorato, si accorse di aver rimosso per un momento ciò che era accaduto il giorno avanti, la lite con la mamma. Nemmeno le pareva vero aver scoperto quel testamento, averlo letto. Era stata la badante in realtà a raccogliere la lettera caduta e rimasta sotto la madia da chissà quando. Doveva ridarla alla mamma, non consegnarmela! Pensava. Invece una volta datagliela, Fiamma l’aveva tenuta per ore in tasca, strofinandola come fosse cosa viva, incerta sul da farsi. Infine l’aveva aperta.

La mamma, vedova di un uomo egoista e violento – così diceva ultimamente parlando del babbo – era anziana ormai, sui settanta. Fiamma aveva un fratello più grande di lei, Maurizio, che non si vedeva da dieci anni per una lite avuta col babbo poco prima che questo morisse. E una volta morto, ugualmente il ragazzo non era tornato sui suoi passi, addossando anche alla madre svariate e indefinite colpe che Fiamma non aveva mai compreso. Da allora la donna era perennemente rapita da un gravoso senso di pena per non aver fatto abbastanza. Ma abbastanza per cosa? Si chiedeva la figlia, che aveva discusso infinite volte con lei senza che fosse possibile intendersi.
La donna si attribuiva la colpa per l’allontanamento del figlio, perennemente mortificata per non averlo educato “a modo” poiché succube del temperamento austero del marito. Fiamma la odiava per questo infinito rimorso e il suo era anche un modo per non pensare a ciò che dicevano di suo padre, ciò che lei non ricordava o fingeva di non ricordare. E odiava soprattutto Maurizio per averle abbandonate, per il fatto di non farsi sentire neppure adesso, in questi ultimi anni che la madre era malata.
Il giorno avanti, aperto quel testamento era trasalita; la casa dove vivevano l’aveva intestata interamente a lui.
“Io sono stata qui tutto questo tempo, non Maurizio!” Le aveva detto tirandole la lettera addosso, con stizza. Poi se n’era andata sbattendo la porta.

In quel momento, immersa nella campagna deserta e fredda, ma che voleva in tutti i modi amica, sperava che i luoghi della sua tarda adolescenza le infondessero un po’ d’amore e una vaga purezza, un sentimento lontano da quella lite assurda ma irrimediabile. Non era il testamento in sé a farle male, la materialità della cessione, quanto che la mamma la mettesse in secondo piano.
Decise di tornare a casa perché la situazione andava comunque sistemata. Lungo la strada verso Siena un abbattimento penoso la invase e giunta sulle scale del palazzo pensò di andarsene, perché sapeva di non riuscire a trattenere alcune parole cattive figlie della propria frustrazione. Si mise con l’orecchio alla porta udendo la voce fioca della mamma impartire qualche direttiva alla badante. Ed entrò.
“Ah, sei tornata?” Fiamma non rispose niente. Si mise a sbocconcellare una frittata su un piattino messo accanto all’oliera.
Non sapeva come tornare sul discorso del testamento anche perché ormai le sembrava tutto compromesso. Qualunque cosa dicesse non poteva nascondere la propria delusione; più guardava la madre più avvertiva un odio cieco che poi mutava improvvisamente in un amore soffocante e di nuovo in disappunto.
“Perché, mamma? Lui non c’è più da tanto tempo. Siamo sole.” Le disse senza guardarla.
“Perché mi sento in colpa. E voglio che sappia che gli voglio bene.”
Fiamma restò voltata per non piangere; avrebbe voluto avere lì accanto il babbo, abbracciarlo come quando era una bimba e sussurrargli che non credeva alle cose brutte che il fratello aveva detto su di lui un tempo. Cose che lei neppure aveva mai capito fino in fondo. Solo ora infatti comprendeva di essere stata un’estranea in alcuni momenti, allontanata dalle proprie miserie familiari perché bambina. Quali erano i reali sbagli del padre? Perché Maurizio se n’era andato? E la madre? Il motivo del suo senso di colpa? Non lo aveva mai saputo, volendo indagare, sì, ma non a fondo, per non ferirsi, accettando il nuovo corso per come gli altri lo avevano plasmato. Non si poteva fare più niente.

“Ma io, io ti sono stata vicino, solo io!” Poi un lungo silenzio. Fiamma avvertiva il bisogno di piangere, oppure di chiudersi in camera. O di abbracciare la mamma, cosa che infine fece prima che l’ira di nuovo la rapisse. Allora l’afferrò per il collo dandole con le nocche sulla testa bianca e rada di capelli. La donna incassava stando zitta. E più Fiamma la colpiva, più l’affetto tra le due diveniva immenso, si faceva amore.
“Mamma! Mamma! Sono io.” Diceva con voce roca e intervallata da singhiozzi, mentre il capo della donna si moveva come un fuscello al vento. Poi accorse la badante a dividerle senza dire una parola.
Allora Fiamma s’attaccò con tutte le sue forze alla ribaltina a muro per buttarla in terra, giusto per rovinare qualcosa. Era avvolta da un tremore che la sconvolgeva tutta e nemmeno poteva credere a quello che aveva appena fatto. La madre bestemmiò piano e si adagiò sul divano tenendosi le mani sulla fronte.
“Cerca lui, cerca Maurizio quando sarà l’ora.” Disse la figlia prima di uscire. Corse a casaccio per le vie del centro, sconvolta .

Dopo qualche ora era ferma ai Ferri di San Francesco. C’è una statua di una donna incastonata nel muro di fronte. Lei si sentiva a quel modo, prigioniera di dolore e spossata di un sonno pesante, marmoreo. Come se la sua stessa vita fosse murata.

Un mese dopo, il giorno che la madre morì, Fiamma stette tutto il tempo al capezzale pregando qualcosa. Il fratello non si vide fino al mattino seguente quando ci fu il trasporto al Laterino. Giunse da ultimo col feretro già inghiottito dalla terra soda. Fiamma lo vide e sputò in terra. Nel pomeriggio poi tornò allo spiazzo in campagna e lì, in mezzo ai castagni, le pareva che gli uccellini che volettavano, i fiori d’aprile sbocciati, gli alberi stessi la fissassero.
Avesse avuto un coltello, pensava, si sarebbe sminuzzata i polsi. Invece dopo qualche ora tornò a casa. Camminava per le vie di Siena come fosse sola tra i palazzi rossi e sghembi, piena di una cattiveria ostile per il mondo. Solo quando fu in camera in ginocchio sul letto e stringendo i denti dalla rabbia, poté piangere.

 

 

 

Non ci sono commenti

Lascia un commento

Articolo precendente

Il rogo di Natale

In Racconti

Il rogo di Natale

Leggi

Prossimo articolo

Un pittore

In Racconti

Un pittore

Leggi

Credo che l’uomo viva nel bisogno di raccontare e ascoltare storie: la propria, quella degli altri, quella di un dio. Così da sempre, forse per sempre. Probabilmente il non-senso della vita è racchiuso nel paradosso della scrittura: possedere estrema chiarezza ed estrema finzione al tempo, così che nelle sue affascinanti acque d’inchiostro non ci si stanchi di nuotare. Almeno a me fa questo effetto

Categorie

  • Civitas
  • Impressioni
  • Poesie
  • Racconti
  • Società
La risposta da Instragram non aveva codice 200.
La risposta da Instragram non aveva codice 200.
Minimali Arrosti

© 2025 Minimali Arrosti | Privacy Policy | Cookie Policy

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.OkCookie Policy