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In Poesie

Versetti pandemici (noia e trasformazione)

23 Maggio 2020

 

Ma che vuol dire “la peste”?
È la vita, ecco tutto.

Camus

 

 

LA COLPA
Io e te, tutti, sappiamo
rincorrerci attorno
al tavolo, girandola
e poi fermi
come nodi del legno.

Ci si guarda fissi per darci la colpa
l’un l’altro.
E lei che era giunta
a denudare la noia
d’un mercato,
gli animaletti eterni.
“Così li ho costruiti.”
Si giustificava
il Dio del Fiume Azzurro.

Correva intanto come anime
e tempo da ingiallire,
passando di casa in casa,
enumerando i volti da strozzare,
il morbo, sive natura.
“Andrà tutto bene”. Per cominciare.

 

MAMELI PUNK
Ho sognato
che vibravano a ogni terrazzo,
come uno schiaffo e senza vento,
le tristi discendenze
agitando le bandierine.

Spazzano le marcette ogni strada.
Mameli rutilante, con la vicina
è un amore in negoziazione;
ci si crede al ritorno sobrio,
agli altari della normalità, alla patria delle sei
del pomeriggio.

Mameli punk a profusione.
“Più vivi di così non possiamo”.
Diceva lei per consolazione.

 

CONTAGIO
Moriremo distanti
vicino a qualche rocca dove
si annida un sermone.

Incatenati
lavorando la pietra,
sarà importante vedersi
almeno un attimo,
lavare gli indumenti,
passarci il contagio globale.

Che la vita era vita, ricordi?
Le domeniche rosate,
le ossa consumate nel vino,
e la fabbrica fumava
contagiati d’altro
nella città normale;
dormire alla sera, esplosi
nella famiglia nucleare.

 

QUARANTENA
Un grido in una stanza vuota
e un rimbombo,
l’occhio di bronzo
che guarda, tutto fascia
come una primavera
che affonda sui prati.

La consolazione di saperti
in salotto,
in un canestro di parole,
uno alla volta al centro commerciale;
ecco i rami in fiore
ormai lontani;
qualcheduno morto di nebbia.

 

STATE A CASA!
Mentre tutti urlano,
io bruciavo controvento;
era la vita.

Ora che la primavera
marcia della solita stella
e le ghigliottine di aprile
smezzano i cieli,
ognuno è gendarme
e spia.

Dunque se puoi
prendimi in volo
dalla finestra di camera
con una corda benedetta che
mi freni.

Dunque se puoi
evita la campata
nera delle chiese,
la città di damasco e di forcine
che ti ingolfano i capelli.
Quello biondo sulla fronte
fuor di finestra sarà la corda
al mio volo,
le tue lenzuola
finalmente cielo.

 

VACCINO
La ragazzina della provincia
non è mai uscita,
solo adesso, di nascosto.

La ragazzina col cuore
di bigiotteria
unge i fiori di febbre
ed esce di notte.
La polizia l’ha multata
qualcuno l’ha stuprata,
e lei ha sorriso coi polmoni
gonfi.

Nulla di nuovo, ‘andrà tutto bene’
recitava la luminaria del paesino.

Stato di pandemia,
più stretti, più vicino,
hai visto ora, hai visto
cos’era il vaccino?!?

 

MUTAZIONE
Ti ho atteso
con le campagne in fiamme
e le donne
dalle mani trasformate.

Se le cose stanno così
abbiamo per noi i silenzi
ora che tutto è fermo.
Prendiamoci il nostro tempo,
tempo di vita inusuale,
giorni di Cassa Integrazione.

L’ultimo sorso di colluttorio,
quando l’alba è un muezzin di sangue
a benedire il processo sociale;
mutazione di ragazzi di
periferia,
sei mia, sei mia!
rivolta globale.

 

E’ INUTILE MAGGIO
E’ splendido
il mondo che si scossa di questa
tosse normale,
noi che irrobustiamo le schiene
sul piatto, il conteggio della sera,
cinquecento bare.

Verrai, non oggi,
verrai a dirmi
è inutile maggio col sole, col sole
è inutile maggio se nessuno lo vede.

 

GUARIGIONE
Viviamo tramortiti ma sempre qui.
in una balza rosina di terra,
fra il ditale del tempo
e le stelle.

E’ stata una malaria,
ma non ci fossero stati
gli sconti alla felicità
non potremmo odiare le vecchie chiese
e le casine intonacate d’invidia.
Non ci sarebbe la gioia
che ci segue col
pallottoliere,
segnare i giorni vinti o
più spesso le maree
del consolare.

 

SELEZIONE SOCIALE
Sono tutti morti,
ed era il mondo fatto per noi.
Sono tutti fuori,
per noi, ragazzi che stiamo in camera tua.

Tutto in una bolla di sapone
le mani lavate, le vite sognate,
le mascherine in viaggio sul vagone.

Tutte le macerie tutto l’amore
sui banchi della scuola.
Tutti la vita in laboratorio.

Era il mondo per noi e lo abbiamo ucciso.
Perché nel cuore poi
portavamo il mondo nuovo.

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Credo che l’uomo viva nel bisogno di raccontare e ascoltare storie: la propria, quella degli altri, quella di un dio. Così da sempre, forse per sempre. Probabilmente il non-senso della vita è racchiuso nel paradosso della scrittura: possedere estrema chiarezza ed estrema finzione al tempo, così che nelle sue affascinanti acque d’inchiostro non ci si stanchi di nuotare. Almeno a me fa questo effetto

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